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Il cuore nel lago e lo sguardo puntato sul mondo

2022-09-12 14:07

Davide Tammaro

Il cuore nel lago e lo sguardo puntato sul mondo

Escursione enogastronomica da Torchio Moderna Osteria dove Chiara, Roberto, Marzia e Luca portano avanti un progetto di cucina

Escursione enogastronomica da Torchio Moderna Osteria dove Chiara, Roberto, Marzia e Luca portano avanti un progetto di cucina che valorizza i prodotti del territorio con interpretazioni contemporanee e contaminazioni internazionali​

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È la prima volta che incontro Chiara Valsecchi, Chef di Torchio Moderna Osteria, il ristorante aperto nel 2020 da quattro amici – oltre a lei, Roberto, Marzia e Luca - in uno degli angoli più antichi di Lecco. Vicolo Granai è stretto e nascosto, sono passate le due, ma il flusso di turisti non si arresta. La lista d’attesa è ancora lunga, mi dice Marzia. “Vent’anni fa Lecco veniva snobbata. Negli ultimi anni le cose sono cambiate”. E si vede, adesso non c’è tempo per parlare.

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Ordino “Il cestino del nostro pane”, una selezione di prodotti sfornati freschi accompagnati da burro di Malga leggermente affumicato. Avvolto dal profumo di pane caldo, penso all’avventura di Chiara e dei suoi tre soci. Chiara si trasferisce con Marzia a Venezia per studiare storia dell’arte, ma capisce che la sua vera arte è quella della cucina. Inizia così il suo percorso nella ristorazione, che la porta a San Vincenzo, in Toscana, dove conosce Roberto, abilissimo mixologist e appassionato di arte enologica. Intanto, a Venezia, Marzia conosce Luca, chef anche lui. Chiara, Roberto, Marzia e Luca. La passione dell’arte, la vocazione della ristorazione, da un lato Lecco, dall’altro Venezia. Come finirà questa storia?

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Arriva il “Vitellozzo tonnato”: carpaccio di vitello, salsa tonnata, giardiniera del Torchio, semi di senape, valeriana. Pennellate di sapori, aromi e colori così familiari eppure così sconosciuti. “Questi piatti sono figli della nostra storia ed esprimono il nostro progetto di cucina: valorizzare i prodotti e i produttori lombardi che hanno scommesso sul territorio con un’interpretazione contemporanea e contaminazioni frutto delle nostre esperienze vissute in giro per il mondo. Un’estate io e Roberto siamo partiti in vacanza per le isole vergini. Non siamo più tornati. Sognavamo di aprire un locale tutto nostro, lo abbiamo aperto lì. Dopo qualche anno all’estero siamo rientrati in Italia. Doveva essere una pausa, è arrivato il Covid e non siamo più ripartiti. Un giorno mi ha chiamato Marzia: “sono stufa di Venezia, voglio tornare a Lecco. Ho visto un fondo sfitto in centro: lo prendiamo e ci facciamo qualcosa? Ci siamo detti ‘perché no?’ e siamo partiti”.

È arrivato il momento del “Cremolio”, la vetta più alta della mia escursione. Me lo serve Roberto, grande appassionato e fine intenditore di oro verde. Un cremoso al cioccolato Saothome e olio di oliva del Garda, olive taggiasche sciroppate allo zucchero moscovado e vaniglia. Da quassù la vista è impagabile, le emozioni piene.

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Ci raggiunge Chiara accompagnata dal trio medusa, come lo chiama affettuosamente lei. “Francesco è il mio Sous Chef, dopo anni trascorsi in una cucina stellata, appena ha saputo del progetto attraverso i social, prima ancora che il locale aprisse, ci ha portato il CV. Poi ci sono Michele e Silvia, che oggi balla a Viareggio al Jova Beach Party”. Hanno ballato anche loro, Francesco e Michele. Sono stanchi, ma felici. E in questi tempi di Great Resignation e Quiet Quitting, non è affatto poco. “I ragazzi ci hanno scelti per i valori alla base del progetto. Sono molto consapevoli e felici di far parte di una squadra che, oltre a fare cose belle e buone, crede negli stessi valori. Cerchiamo di creare un clima positivo e dare loro la migliore qualità di vita possibile​. Sono bravissimi e molto affiatati e questo mi permette di concentrarmi sulla selezione dei produttori ai quali abbiamo anche dedicato un progetto di storytelling, Gustorie. È un lavoro che richiede tempo e pazienza, ma dà grandi soddisfazioni. Per esempio, abbiamo scoperto un piccolissimo produttore di verdese in purezza, un vitigno autoctono dell’alto lago di Como. Un ingegnere che ha lasciato tutto per inseguire la passione del vino, lavora in condizioni estreme un vitigno difficile. Se non è viticultura eroica questa... Oppure un piccolo pescatore sull’alto lago che pesca rispettando l’ecosistema. Teniamo molto al lago, siamo entrati nell’associazione Gente di lago e di fiume nata dall’idea dello chef stellato Marco Sacco di costruire qualcosa per preservare l’ecosistema lacustre e fluviale, e valorizzare i suoi prodotti.

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“L’hai mai mangiato un caciucco di lago, te?”, mi chiede Roberto, che è originario di Livorno e di caciucco se ne intende. No. “Male, perché è uno schianto, non l’avrei mai detto neppure io. Chiara lo prepara con il pesce di lago. Cerchiamo di valorizzare anche le specie meno note e più snobbate come il siluro e la carpa. Abbiamo provato anche a lavorare i gamberi killer: sono saporiti e pescarli significa contribuire a risolvere un problema perché rischiano di alterare l’ecosistema”.

 

“Siamo partiti da Lecco e tornati qui dopo un lungo viaggio, che non è finito. Ci piacerebbe ritornare all’estero – mi dice Chiara salutandomi. Forse questo è il segreto del nostro progetto: il cuore nel lago e lo sguardo puntato sul mondo”. Non basta saper navigare in acque lontane e agitate per realizzare qualcosa di grande, penso mentre rientro in città attraverso le colline dolci della Brianza. Sì, il vero segreto è avere il coraggio di sospendere per un attimo il proprio viaggio per ri-trovarsi e ri-scoprirsi dentro. Ri-trovare il proprio lago e ri-scoprire il proprio centro. Prima di liberare l’ancora e riprendere il viaggio.

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