
Aperitivo urbano con Davide Scaravilli, che da New York è tornato sui monti Nebrodi, in Sicilia, per lavorare nell'azienda agricola di famiglia e guidare una rivoluzione. Agricola e culturale.
Ricordo ancora il nostro primo incontro, a Cesarò, piccolo borgo appeso sui monti Nebrodi, cerniera naturale che unisce i fianchi affumicati e rocciosi dell'Etna con il resto dell'isola. Lassù, l’altura e il vulcano, con i suoi sbuffi e le sue terre ricche, assicurano agli olivi dell’azienda agricola Virzì sole, vento, minerali e nutrimento.
Questa volta ci vediamo a Catania, in uno storico bar affacciato su piazza Duomo, davanti alla proboscide di “u Liotru”, come chiamano da queste parti la statua dell’elefante in basalto nero considerato l’emblema della città. Mancano pochi giorni alla raccolta, e nonostante il chiacchiericcio allegro e leggero che ci circonda, Davide Scaravilli, giurista di formazione ed erede dei saperi secolari che la famiglia Virzì tramanda di generazione in generazione, è teso. "Prevediamo un'annata molto buona, ma il pericolo è dietro l'angolo, basta una grandinata per rovinare il raccolto".
Storia di una traiettoria inaspettata, la sua. Studi in Giurisprudenza, master alla Columbia University, New York, il destino di Davide sembrava già scritto. Poi all'improvviso, passeggiando tra i grattacieli della Grande Mela, Davide sente qualcosa muoversi dentro. Un'eruzione improvvisa e violentissima di emozioni, ricordi e sogni lo travolge, capisce che il suo percorso non sarebbe stato così netto. "A un certo punto ho sentito il richiamo irresistibile dell'Etna. Mi mancava da morire. È stato un momento difficile, di grande riflessione, anche perché, nel frattempo, avevo ricevuto offerte di lavoro importanti. In quel momento ho realizzato che la mia strada sarebbe stata quella di portare avanti l'azienda agricola dei miei nonni, che la mia vita sarebbe stata lì, sui monti Nebrodi, in quella terra e tra quegli ulivi dove sono cresciuto”. Una deviazione sullo sterrato, penso. “Sì, e rischiosa. Ma vuoi mettere la soddisfazione?"

Davide è un vulcano di idee chiarissime: "l'azienda è in un momento importante, stiamo investendo molto, presto costruiremo anche il frantoio per avere il controllo di tutta la filiera, è la chiave per ottenere un prodotto perfetto". Da quando ha deciso di dedicarsi all'azienda, ha già rivoluzionato processi e prodotti": "dopo una lunga fase di test, abbiamo deciso di filtrare l'olio. Nel medio-lungo termine, si mantiene meglio. E la qualità non si perde affatto perché anticipiamo la raccolta in modo da garantire gli stessi sapori e profumi".
Sui social media si descrive come un “professionista in moto per promuovere la rivoluzione culturale del settore agroalimentare", sono curioso. "Per fare la rivoluzione agricola bisogna prima di tutto innescare una rivoluzione culturale. Finché le persone assoceranno l'agricoltore al contadino povero con la zappa, i giovani continueranno a snobbare la terra. Dobbiamo trasmettere il messaggio che l'agricoltura, nonostante le difficoltà, è un settore bellissimo in cui lavorare, su cui fare innovazione e da cui si possono ottenere grandi soddisfazioni, anche economiche. È una questione di reputazione, e noi dobbiamo lavorare, tutti insieme, affinché cambi. È la nostra sfida più grande: la vinceremo solo se impareremo a fare rete. Il nord, con i grandi consorzi, come quello del Parmigiano Reggiano, ha fatto scuola".
Sono distratto da voci e volti esotici, una comitiva di turisti si siede di fianco a noi. "Da qualche tempo si vedono a Catania asiatici, soprattutto giapponesi. Qualcosa, piano piano, sta cambiando. Dobbiamo fare squadra e valorizzare le potenzialità inespresse del nostro territorio, a partire dal turismo e dall’agricoltura". Scegliamo il vino, Nero d'Avola. Davide mi fa notare che, anche sull'olio si può fare lo stesso percorso di nobilitazione del prodotto che il vino ha già fatto con successo: "l’olio ha una grande opportunità. E poi è più sano, democratico e altrettanto sofisticato".
Starei seduto ad ascoltare Davide ancora per ore, ma è sera, dobbiamo salutarci.
Mentre risalgo controcorrente il fiume di persone allegro e indisciplinato che allaga Via Etnea, la principale arteria della città, ripenso alla nostra conversazione. E capisco la vita è una questione di traiettorie. C'è chi sceglie quelle dritte e sicure e chi, come Davide, preferisce quelle sconnesse e incerte, la polvere dello sterrato, l'ebrezza di panorami inaspettati e orizzonti sconfinati. Capisco che guidare dritto genera sonnolenza e che la vita vera è fatta di deviazioni nette, curve secche, strade rotte. Di polvere e sorprese.
Vive veramente chi ha il coraggio di imboccare lo sterrato.
