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La scomparsa della biodiversità agroalimentare

2021-06-02 09:41

La redazione Boniviri

sustainability, agrifood, agricoltura, biodiversità, slowfood, agroecologia,

La scomparsa della biodiversità agroalimentare

L'impatto dell'industrializzazione del settore agroalimentare sulla biodiversità

Il 22 maggio è stata la giornata mondiale della biodiversità, una ricorrenza voluta dall'ONU per celebrare l'adozione della Convenzione sulla Diversità Bioloogica.

 

Per questa occasione, Slowfood International ha pubblicato un manifesto dal titolo   "Se la biodiversità vive il pianeta vive", nel quale lancia un allarme sull'emergenza relativa alla perdita di biodiversità e le catastrofiche consequenze che ne deriverebbero.

 

Un tema particolarmente rilevante è quello legato alla biodiversità agroalimentare, ovvero le varietà di microorganismi, piante, animali ed ecosistemi che contribusicono alla nostra dieta di essere umani. Avere una buona varietà ci permette di far fronte a shock esterni (virus, funghi patogeni, problemi fitosanitrari) che potenzialmente vanno a minare la nostra capacità di produrre cibo.

Una delle conseguenze negative legate all'industrializzazione del settore agroalimentare è proprio l'eliminazione di tutte quelle specie difficilmente replicabili in un modello lineare e non in linea con gli standard della domanda, con una conseguente riduzione della biodiversità alimentare.

Il mercato odierno distrugge la biodiversità

La mancanza di varietà commerciale di prodotti agroalimentari è un problema che viene troppo spesso trascurato.
In Italia, secondo Coldiretti, nel secolo scorso si contavano 8 mila varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2 mila e di queste ben 1500 sono considerate a rischio di scomparsa a causa dei moderni sistemi di distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta.

Per quanto riguarda l'industria di prodotti di origine animale i dati sono ugualmente impressionanti: una razza di animale su cinque nel mondo è a rischio di estinzione (ci sono meno di 1000 capi). Grazie ai progressi della zootecnica, il settore agroindustriale ha cominciato a puntare solo su poche razze commerciali con grandi rese di latte e tempi rapidi di crescita (spesso anche grazie all'uso di antibiotici) in modo da accorciare il tempo necessario per mettere il prodotto sul mercato, massimizzando i profitti.

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Un caso su tutti: la banana
Un esempio di come le logiche di mercato possano influire negativamente sulla biodiversità, e di conseguenza sulla nostra alimentazione, è quello della banana, uno dei frutti maggiormente apprezzati a livello mondiale. Delle oltre 500 varietà di banane, ne troviamo solo una in commercio (Cavendish), l'unica che è stata in grado di conquistare il gusto degli occidentali perchè completamente priva di semi. Questo ha portato a convertire tutte le coltivazioni di banane in Asia, Australia e Sud America in monocolture, destinate esclusivamente a questa varietà del frutto. La fragilità di questo sistema viene fuori nel momento in cui patogeni infettivi colpiscono le monocolture, e questo è esattamente quello che sta succedendo alla Cavendish. Un fungo del suolo conosciuto come tropical race 4 (TR 4) ha cominciato ad attaccare le piantagioni in tutti i principali stati produttori. Se non si riuscirà a fermare l'infezione, nel giro di qualche decennio la Cavendish rischierà l'estinzione e non c'è al momento una specie abbastanza forte in grado di soppiantarla. L'unico modo per salvarla è un intervento mirato sul genoma, e ciò significa che in futuro potremmo avere solo banane GM.

Una transizione verso l'agroecologia

Come abbiamo visto, il sistema economico corrente ha portato il settore agricolo a concentrarsi sulle specie animali e vegetali con le caratteristiche migliori in termini di resa, mettendo a rischio tutte quelle varietà non in linea con gli standard di mercato.

Il 75% delle colture presenti ad inizio 900' è ormai andato perso e tre sole specie (mais, riso grano) forniscono il 60% delle calorie necessarie alla popolazione.

Per evitare un collasso ecologico serve una transizione dalle monocolture intensive a metodi agroecologici quali la rotazione colturale, il sovescio e l'eliminazione di pesticidi e fertilizzanti, funzionali sia al ripristino dei cicli naturali del terreno sia alla conservazione delle risorse e degli impollinatori.

 

È importante essere consapevoli che c'è molto poco di naturale in quello che mangiamo. Le varietà agroalimentari che finiscono sulla nostra tavola sono in realtà il frutto di decenni di selezione artificiale che ha portato ad un sistema tanto efficiente quanto fragile.

Problemi come questo vanno affrontati a livello globale: serve uno sforzo collettivo affinchè possano essere messe in campo delle misure in grado di cambiare il modello agroindustriale odierno, un progetto ambizioso che metta al centro transizione ecologica, agroecologia e biodiversità.


Fonti:

- https://ilfattoalimentare.it/giornata-biodiversita-manifesto-slow-food.html

- https://ilbolive.unipd.it/it/news/banana-rischia-lestinzione-solo-lediting-genomico

- https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2019/05/21/giornata-della-biodiversita-scomparsi-3-frutti-su-4_93620b7a-6f5f-4511-b839-dce92194729d.html

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